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venerdì 1 giugno 2012

Steven Wilson: la magia di un'artista sottovalutato

“Nei primi anni di carriera, con i Porcupine Tree, ho suonato a Roma davanti mille persone, il giorno dopo a Londra erano in dieci. Questa città è molto importante per me.” Queste sono grossomodo le parole con cui Steven Wilson ha espresso il suo affetto all'Italia, ma in realtà la sua passione e genialità trasparono direttamente dalla sua musica. Il musicista inglese ci ha regalato un'esibizione suggestiva, coinvolgente, in un Orion tanto minuto quanto psichedelico. L'abbiamo visto iniziare con No Twilight Within the Courts of the Sun , in ricordo dell'album d'esordio, offuscato da un telo che copriva l'intera band e su cui giocavano le loro ombre riflettendo le triste immagini di un'artista compreso da pochi. Se Index e Deform To Form A Star hanno alternato momenti di dolcezza e riflessione, Sectarian ha stimolato la mente dei dinosaurici progsters crimsoniani, sfociando nell'urlo di goduria al momento della caduta improvvisa del telo. Da lì è stato tutto più chiaro e limpido. Riuscivamo finalmente a vedere il viso quasi adolescente di Steven e le magnifici espressioni da ebete del batterista Marco Minnemann. Viaggiando tra Insurgentes e Grace For Drowning e scherzando con il pubblico come amici di vecchia data (i presenti si ricorderanno sicuramente del pluricitato Paolo), egli ha chiesto assoluto silenzio per l'inizio del capolavoro Raider II e, nonostante qualche risata che in realtà da contorno calzava a pennello, si è creata un'atmosfera ipnotizzante. Nota di merito al sound meticolosamente studiato per permettere ad ogni strumento di essere distinto senza alcun problema con un volume sufficientemente alto ma non assordante. La qualità della suono però è da attribuire ai musicisti che hanno supportato Steven in questo tour e con cui egli ha preannunciato un nuovo lavoro imminente. Un boato del pubblico si è riversato in particolare sui nomi di Theo Travis e Marco Minnemann, che si è lasciato andare ad una battuta a sfondo sessuale successivamente ai saluti finali. Si vocifera che la location sia un'ex discoteca, ma la sua atmosfera lugubre e le sue dimensioni esigue hanno permesso di creare quell'intimità degna dei fedelissimi del genere. Sia dall'ambiente che dalla musica si percepisce la devozione di Wilson per la psichedelia e il Prog. Nell'attesa di un nuovo ritorno è doveroso congratularsi con un grande artista, mai ripetitivo e sempre innovativo. Grazie Steven (ale)